Guccini Francesco. Le Pioggie Daprile. Zeneszám
Le pioggie d'aprile (Francesco Guccini)
Ma dove sono andate quelle piogge d'aprile
che in mezz'ora lavavano un'anima o una strada
e lucidavano in fretta un pensiero o un cortile
bucando la terra dura e nuova come una spada,
ma dove quelle piogge di primavera
quando dormivi supina, e se ti svegliavo ridevi,
poi piano facevi ridere anche me
con i tuoi giochi lievi.
Ma dove quelle estati senza fine,
senza sapere la parola nostalgia,
solo colore verde di ramarri e bambine
e in bocca lo schioccare secco di epifania,
ma dove quelle stagioni smisurate
quando ogni giorno figurava gli anni a venire
e dove ogni autunno quando finiva l'estate
trovavi la voglia precisa di ripartire.
Che ci farai ora di questi giorni che canti
dei dubbi quasi doverosi che ti sono sorti
dei momenti svuotati, ombre pressanti
di noi rimorti,
che ci potrai fare di quelle energie finite,
di tutte quelle frasi storiche da dopocena;
consumato per sempre il tempo di sole e ferite,
basta vivere appena,
basta vivere appena.
Ed ora viviamo in questa stagione di mezzo,
spaccata e offesa da giorni agonizzanti e disperati,
lungo i quali anche i migliori si danno un prezzo
e ti si seccano attorno i vecchi amori sciagurati,
dove senza piu' storia giriamo il mondo
ricercando soltanto un momento sincero
col desiderio inconscio di arrivare piu' in fondo
per essere piu' vero.
Ma dove sono andate quelle piogge d'aprile?
Io qui le aspetto come uno schiaffo improvviso
come un gesto, un urlo o un umore sottile
fino ad esserne intriso,
io chiedo che cadano ancora sul mio orizzonte
angusto e avaro di queste voglie corsare,
per darmi un'occasione ladra, un infinito, un
ponte, per ricominciare.
Ma dove sono andate quelle piogge d'aprile
che in mezz'ora lavavano un'anima o una strada
e lucidavano in fretta un pensiero o un cortile
bucando la terra dura e nuova come una spada,
ma dove quelle piogge di primavera
quando dormivi supina, e se ti svegliavo ridevi,
poi piano facevi ridere anche me
con i tuoi giochi lievi.
Ma dove quelle estati senza fine,
senza sapere la parola nostalgia,
solo colore verde di ramarri e bambine
e in bocca lo schioccare secco di epifania,
ma dove quelle stagioni smisurate
quando ogni giorno figurava gli anni a venire
e dove ogni autunno quando finiva l'estate
trovavi la voglia precisa di ripartire.
Che ci farai ora di questi giorni che canti
dei dubbi quasi doverosi che ti sono sorti
dei momenti svuotati, ombre pressanti
di noi rimorti,
che ci potrai fare di quelle energie finite,
di tutte quelle frasi storiche da dopocena;
consumato per sempre il tempo di sole e ferite,
basta vivere appena,
basta vivere appena.
Ed ora viviamo in questa stagione di mezzo,
spaccata e offesa da giorni agonizzanti e disperati,
lungo i quali anche i migliori si danno un prezzo
e ti si seccano attorno i vecchi amori sciagurati,
dove senza piu' storia giriamo il mondo
ricercando soltanto un momento sincero
col desiderio inconscio di arrivare piu' in fondo
per essere piu' vero.
Ma dove sono andate quelle piogge d'aprile?
Io qui le aspetto come uno schiaffo improvviso
come un gesto, un urlo o un umore sottile
fino ad esserne intriso,
io chiedo che cadano ancora sul mio orizzonte
angusto e avaro di queste voglie corsare,
per darmi un'occasione ladra, un infinito, un
ponte, per ricominciare.
Guccini Francesco