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Roberto Vecchioni. Il Cielo Capovolto. Zeneszám

Che ne sara di me e di te,
che ne sara di noi?
L'orlo del tuo vestito,
un'unghia di un tuo dito,
l'ora che te ne vai...
che ne sara domani, dopodomani
e poi per sempre?
Mi tremera la mano
passandola sul seno,
cifra degli anni miei...
A chi darai la bocca, il fiato,
le piccole ferite,
gli occhi che fanno festa,
la musica che resta
e che non canterai?
E dove guardero la notte,
seppellita nel mare?
Mi sentiro morire
dovendo immaginare
con chi sei...

Gli uomini son come il mare:
l'azzurro capovolto
che riflette il cielo;
sognano di navigare,
ma non e vero.
Scrivimi da un altro amore,
e per le lacrime
che avrai negli occhi chiusi,
guardami: ti lascio un fiore
d'immaginari sorrisi.

Che ne sara di me e di te,
che ne sara di noi?
Vorrei essere l'ombra,
l'ombra che ti guarda
e si addormenta in te;
da piccola ho sognato un uomo
che mi portava via,
e in quest'isola stretta
lo sognai cosi in fretta
che era passato gia!

Avrei voluto avere grandi mani,
mani da soldato:
stringerti forte
da sfiorare la morte
e poi tornare qui;
avrei voluto far l'amore
come farebbe un uomo,
ma con la tenerezza,
l'incerta timidezza
che abbiamo solo noi...

gli uomini, continua attesa,
e disperata rabbia
di copiare il cielo;
rompere qualunque cosa,
se non e loro!
Scrivimi da un altro amore:
le tue parole
sembreranno nella sera
come l'ultimo bacio
dalla tua bocca leggera.